Commissione di inchiesta sull'esercizio delle ferrovie italiane (1852 - 1882)
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Storia archivistica:
Nel 1878, dopo la caduta di De Pretis, ascese alla carica di Presidente del consiglio Benedetto Cairoli. Questi dimostrò un particolare interesse per la soluzione della questione ferroviaria, mirando alla realizzazione di tre obiettivi fondamentali: la separazione delle convenzioni per l’esercizio da quelle per le costruzioni, la realizzazione delle ferrovie complementari e la nomina di una commissione d’inchiesta parlamentare volta ad accertare lo stato delle strade ferrate e le posizioni prevalenti nell’opinione pubblica intorno al loro assetto. Il disegno del Cairoli venne portato avanti dal Ministro dei lavori pubblici Alfredo Baccarini, e da quello delle finanze Federico Seismit-Doda, i quali, il 18 maggio 1878, presentarono il relativo progetto di legge alle camere. Esso prevedeva l’assunzione dell’esercizio delle linee della Società per le strade ferrate dell’Alta Italia da parte dello Stato, un progetto per la costruzione di 3.694 km di nuove ferrovie e la nomina della Commissione d’inchiesta sull’esercizio delle ferrovie italiane. Per quanto riguarda la costruzione delle nuove tratte, le discussioni parlamentari sfociarono nella legge del 29 luglio 1879, n. 5002. Essa prevedeva la suddivisione delle linee da costruire in quattro categorie: la prima comprendeva quelle da realizzarsi per conto ed a spese dello stato, la seconda quelle da eseguirsi da parte dello stato con il concorso delle province interessate nella misura di 1/10 delle spese, la terza faceva ascendere il contributo provinciale al 20%, mentre la quarta prevedeva un contributo di province e comuni pari a 4/10 per le prime 80.000/km di spesa, pari a 3/10 per le successive 70.000 e di 1/10 per la restante somma. Sostanziali modifiche vennero successivamente elaborate ed introdotte al testo di base, sia per quanto riguarda la parte tecnica che per quanto riguarda la parte economica, con la legge del 5 giugno 1881, n. 240. Per quanto concerne, invece, il problema dell’esercizio, il governo puntava alla gestione diretta da parte dello stato. Le conclusioni cui pervenne la Commissione d’inchiesta, presieduta inizialmente da Stefano Jacini e poi da Francesco Brioschi, si rivelarono, però, completamente diverse dalle aspettative del governo. La Commissione, che aveva condotto i suoi studi fra il 1878 ed il 1881, tenendo sedute pubbliche nelle principali città del paese, si pronunciò, infatti, a favore dell’esercizio privato. Tale posizione scatenò accesi dibattiti e procurò ai membri della Commissione aspre critiche, anche perché contrastava chiaramente con i risultati delle indagini. La maggior parte degli intervistati (funzionari governativi, rappresentanti di Camere di commercio, industriali, ecc.) si era, infatti, pronunciata a favore dell’esercizio governativo. Le relazioni della Commissione furono, comunque, oggetto di attento studio in sede parlamentare, contribuendo alla stipulazione della convenzione del 1885 in base alla quale le ferrovie italiane venivano date in gestione a tre società: Società italiana per le strade ferrate meridionali, Società italiana per le strade ferrate del Mediterraneo e Società per le strade ferrate della rete sicula (legge 27 aprile 1885).
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